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Fell, di Ellis e Templesmith
“Qui è dove vivo, adesso. E nessuno di voi è insignificante, per me.”
Ben Templesmith, il disegnatore di “30 giorni di buio”, e Warren Ellis
sono gli autori di Fell, avvincente
poliziesco noir che colpisce basso
e gioca sporco; perché è dove gli uomini
si sentono abbandonati e soli, che si
scatenano le loro peggiori morbosità.
C’è una città collegata da un ponte col
resto del mondo; almeno così dovrebbe
essere, anche se la realtà è ben
diversa
La verità, infatti, è che a Snowtown
nessuno va mai volentieri e chi può evita
di avvicinarsi alla sua desolazione.
Nessun servizio assicurato e pochi
uomini a controllare il rispetto delle leggi
su un’intera sterminata città di nessuno.
Un modo come un altro per salvare le
apparenze, inutile naturalmente.
Perché la legge non conosce Snowtown
e Snowtown non conosce la legge; ma
allora cosa ci fa un poliziotto come
Fell in questo far west metropolitano?
Fa del suo meglio e non gli si potrebbe
chiedere di più.
Cacciato dal suo distretto per qualche
gravissima colpa che non ci è dato
conoscere, dovrà passare anni di là dal
ponte, con l’assoluto divieto di tornare.
Punizione che suona molto come una
condanna a morte, poiché se non si è
protetti a Snowtown ci vuole un attimo
per sparire, come i cadaveri giù ai
moli. Lo sa bene Mayko, una delle prime
conoscenze fatte da Fell nella sua nuova
città; una ragazza che lascia il segno,
non c’è che dire.
Un mondo a se questo; con le sue magie
e i suoi riti, che, per quanto assurdi
visti da fuori, dopo aver passato il
giusto tempo nella città, diventano la
normalità.
Devi lasciare che la città ti faccia suo
e Fell ora è parte della città, ne porta
il marchio sul suo stesso corpo: la tag
di Snowtown. Se la indossi, appartieni a
Snowtown. Se Snowtown sa chi sei, non
cercherà di farti del male. Così dicono.
Fell è un detective che fa il suo lavoro in
questa città che ha rinunciato da tempo
ad aspirare ad una qualche giustizia
e non lo fa per senso del dovere o
fanatismo verso la legge, lo fa per la
gente di Snowtown. Se lo chiederete
a Mayko vi dirà sorridendo che Fell lo
fa perché è un uomo buono, ma se lo
chiedeste a lui la risposta più probabile
sarebbe: «Stronzate. È solo il mio
lavoro».
Un prezioso esempio di come il fumetto
non solo si presti al cinema, ma
riesca a comunicarne la stessa forza
visiva, anche attraverso la staticità di
un’immagine. |